“Mio fratello Ugo a primavera, è sceso dalle montagne partigiano. Le ragazze di Pasturana l’hanno accolto con i fiori di biancospino che allora cresceva ovunque sulle siepi. La piazza era gremita di gente a festeggiare la Liberazione. La mia famiglia era tanto contenta che, finalmente, era finita”
Scrive Luisa Arecco, descrivendo la giornata della Liberazione, in alcuni fogli lasciati al Comune di Pasturana: i due erano fratello e sorella.Si nascondeva in quella che ora si chiama la Grotta dei Partigiani, che si trova nei pressi del monte Paganone a San Cristoforo, verso Parodi Ligure, si tratta di un anfratto calcareo naturale. I Comuni di San Cristoforo e Parodi Ligure hanno posto due lapidi per ricordare i caduti di quella guerra. In questa specie di grotta viveva con “Verde”, un partigiano a cui era legatissimo, cui piaceva molto scherzare e ripetere: «Se mi prendono e mi dicono: “Dove vuoi essere impiccato? A una pianta di rosmarino».
Ogni tanto, proprio sotto il naso dei soldati tedeschi, tornava a Pasturana per vedere mia nonna – sua madre - la sera, quando c’era l’abitudine di ritirarsi nelle stalle per chiacchierare e tenersi compagnia l’uno con l’altro.
Altri partigiani nel gruppo di Severo erano Breda, Dudi, Zambo, Veniero, Budu, Alfa, Spariero, Scrivia, Ics, Merlo, Raso, l’Avvocato e un partigiano russo.
Molte persone correvano enormi pericoli per dare una mano: a San Cristoforo viveva una donna, Giustina Dameri detta Ciusta, era la staffetta che aiutava il gruppo di mio padre, nel suo letamaio nascondeva le armi e le macchine da scrivere, li aiutava con i viveri e gli abiti. Con Ciusta avevano organizzato un segnale per avvisare se la via era libera o viceversa: finestre aperte e lenzuola ad arieggiare significava che si poteva passare senza pericolo. Lei nascondeva nella crocchia i messaggi.